Archivio per ottobre 2008

Intermezzo

Portishead – Only You

Lotta fra titani

Google ha appena siglato un accordo con l’editoria statunitense:

It took a multimillion dollar lawsuit, two years of tense negotiations, and an awful lot of scanning. But yesterday the publishing world stood on the threshold of a digital era after a US deal paved the way to transform publishing.

The agreement between Google and the US book industry means that internet users will soon be able to choose from and buy millions of titles, many out of print, or read them on a page-by-page basis.

Un’ulteriore spiegazione la trovate nell’articolo del Guardian, con tanto di backstory.

Nel frattempo Jimmy Wales, responsabile per Wikipedia, lancia una sfida a Google.

Lui, Jimmy Wales, 42 anni, semina nel World Business Forum di Milano la visione ottimistica che l’ha portato a fare di Wikipedia, la sua creatura più nota, un brand forte e conosciuto nel mondo. E “l’incubo” di Google cos’è? È la filiazione commerciale di Wikipedia, che si chiama Wikìa ed è una sorta di catalogo di contenuti del sapere “pop”. Dove i contenuti li mettono quelli che le cose le amano: ci sono migliaia di collaboratori che scrivono dei muppet, decine di migliaia parlano di World of Warcraft. Chi cerca informazioni su quegli argomenti troverà queste pagine. È la vecchia idea di Yahoo!, il catalogo del sapere, ma arricchito dalla “saggezza delle masse” di Wikipedia.

Una nuova idea proprio adesso? “Voi europei siete spaventati e troppo protezionisti. Quello sì, il protezionismo mi preoccupa”.

L’articolo è di Vittorio Zambardino per Repubblica.

Postato da: IM

[Edible idioms are my] bread and butter

Che il cibo divida ben più di una lingua credo sia ben chiaro a tutti, emigranti, ospiti, “xenofobi” che mai assaggerebbero un piatto sconosciuto, fino agli appassionati di cucina etnica.

Edible Idioms oggi affronta uno degli alimenti, e delle parole, più odiose nel loro inganno: butter.

Vi vedo trasecolati. Cosa c’è di più semplice da tradurre di una parolina innocua come butter. E’ il burro, no? Qui vi volevo, perché qui scivola l’asino.

Dal punto di vista della traduzione, naturalmente, non esiste molta scelta. Se si mette in tavola, si tratta di burro… o no? (Cercate meglio…)

Dal punto di vista alimentare, chiunque abbia visto i burri ne conosce le differenze. Come segnalava correttamente Licia, anche visivamente sembrano alimenti diversi. Non è un caso, per esempio, se le ricette in italiano specificano burro salato e in inglese unsalted butter.  Colore/sapidità diversi, funzione diversa?

Dal punto di vista culturale la questione si complica ulteriormente (si veda la citazione di Susan Bassnett-McGuire sempre nel post di Licia). In italiano non sono molte le frasi idiomatiche burrose:

  • mani di burro (butter-fingered)
  • di burro (per indicare docile)
  • (buono) come il burro (soft-hearted)

Non si può evitare di notare tuttavia che il burro, usato per mani di burro, ha un uso meno frequente di un suo derivato, la pasta frolla (per le mani di pasta frolla). Per il resto, non vi sono molti altri usi del burro nel calderone della lingua italiana.

Tutt’altra storia nell’inglese britannico e statunitense.  Abbiamo (con traduzione rapida, molto rapida):

  • to butter up (adulare, noi abbiamo oliare ma con un significato molto meno piacevole)
  • butter and egg (che è diverso da)
  • butter and eggs

Il primo (agg) indica un provinciale arricchito, il secondo (sost.) indica una lotteria clandestina.

  • to know which side one’s bread is buttered (saper fare i propri interessi)
  • to look as if butter would not melt in ones’ mouth (avere l’aspetto da innocentino)
  • butter ball (si capisce no? … grassone, ciccione)
  • butter-fingered
  • butter-fingers

Come in italiano, butter-fingered significa non tenersi niente in mano, mentre butter-fingers è un termine gergale afroamericano per figo, fantastico. Infine il più classico di tutti:

  • bread and butter (e il cugino bread and butter letter)

Noi forse diremmo è il mio pane quotidiano. Anche in questo caso un alimento fondamentale della vita, anche in questo caso significati leggermente diversi in espressioni apparentemente simili.

Un breve assaggio in olandese. Boter come sostantivo si trova nelle seguenti espressioni:

  • boter bij de vis (lett. burro con il pesce, ma significa pagare in contanti / pagare sull’unghia)
  • boter bij de vis willen (lett. volere burro con il pesce, significa volere dei risultati immediati)
  • boter op zijn hoofd hebben (lett. avere il burro in testa, significa avere la coda di paglia). Esiste anche il detto: wie boter op zijn hoofd heeft, moet niet in de zon lopen (lett. chi ha burro in testa, non deve camminare al sole, ovvero chi ha la coscienza sporca non deve prestare il fianco alle critiche)
  • een haar in de boter zoeken (lett. cercare il capello nel burro, in italiano cercare il pelo nell’uovo, ma anche cercare un pretesto per litigare)
  • zo geil als boter (lett. eccitato come il burro, il nostro arrapatissimo)
  • zo glas als boter (scivoloso come il burro. Noi probabilmente diremmo scivoloso come il sapone)
  • Il boter olandese diventa anche verbo, nell’espressione het botert niet tussen hen (tra loro non corre buon sangue).

Sono tutte espressioni comuni che raccontano di una storia alimentare diversa dalla nostra.  Siete ancora sicuri che si stia trattando di semplice burro?

PS. Cosa? Cosa ha a che fare la maria con il burro? Non ne ho la minima idea.

(La risposta è butter flower)

Postato da: MB (con piccolo contribuito di IM)

I nuovi trofei

Ron Alsop, giornalista del NY TImes, è responsabile per la nuova espressione trophy kids.

I ragazzi cresciuti a cavallo del nuovo millennio,  che fino a poco fa venivano definiti Generation Y  o millennials, sono ora dei ragazzi trofeo. Come spiega un articolo di Repubblica:

Ricordate l’espressione “trophy wife”? Coniata dalla rivista “Fortune”, ufficializzata dall’Oxford Dictionary e subito sfruttata da Hollywood, si riferisce alle seconde (o terze) mogli dei magnati dell’industria o della finanza, scelte per poterne sfoggiare la bellezza e l’età negli appuntamenti mondani. Mogliornamento, insomma.
Anche nella educazione dei “millennials”, che in America sono più di 90 milioni, ha prevalso l’orgoglio (e la dedizione) dei genitori, che li hanno aiutati e difesi, vantandosi delle loro prodezze e incoraggiandoli anche di fronte a risultati incerti, a scuola o nello sport, per non danneggiare la loro autostima.

Ecco le caratteristiche di un ragazzo trofeo (utili anche per controllare se ne avete uno in casa):

Risultato: questi “trophy kids” che ora si affacciano al mondo del lavoro sono molto differenti dalla generazione dei babyboomers.
Sulla base di alcuni sondaggi e di un’inchiesta negli uffici del personale delle maggiori aziende, Roln Alsop ha potuto rilevarne i tratti salienti.
I “millennials” sono autoreferenziali ed emotivamente fragili; hanno pochi strumenti per gestire delusioni e fallimenti, ma al tempo stesso aspettative altissime; vogliono avere successo nel lavoro e nella vita personale, ma richiedono una costante attenzione.
Sono cittadini del mondo, con uno spirito filantropico; hanno un ottimo knowhow tecnologico; sono motivati, disposti a lavorare sodo, ma solo in modo flessibile e senza particolari lealtà, cioè sono sempre pronti a cambiare azienda.
E l’aspetto più irritante per i datori di lavoro è che i “millennials” credono che a loro tutto sia dovuto.

Postato da: IM

Confermare o annullare

In francese, confirmer ou infirmer: differenza fondamentale ed errore gravissimo della corte d’appello, in seguito al quale le autorità francesi non hanno potuto far altro (per lo meno per il momento) che scarcerare un francese condannato per stupro e violenze varie.

Come spiega l’articolo di TV5.org…

Jorge Montes, un Français d’origine uruguayenne de 48 ans, pour qui le parquet de Créteil a requis le renvoi aux assises pour enlèvement, séquestration et viols sur deux personnes, a quitté jeudi soir la maison d’arrêt de Fresnes (Val-de-Marne), avec un contrôle judiciaire très strict.

Il a été remis en liberté à la faveur d’une erreur d’écriture de la chambre de l’instruction de la cour d’appel de Paris qui a “infirmé” au lieu de confirmer son maintien en détention provisoire dans un arrêt du 17 octobre signé par le greffier et le président de la chambre.

La cour considérait pourtant que ce maintien en prison était “l’unique moyen d’éviter tout renouvellement des infractions” et “nécessaire pour prévenir tout risque de pression sur les témoins et les victimes”.

Sarkosy ha naturalmente chiesto alla Dati di fare tutto il possibile per correggere quest’errore di stile quasi italiano.

Intermezzo

Mariza – Rosa Branca

Postato da: IM

Virginia Woolf live

Fra le pubblicazioni della British Library c’è il regalo che vorrei per Natale: una serie di CD con registrazioni di alcuni fra i più grandi scrittori inglesi e americani, che parlano del proprio lavoro (o di questioni più mondane).

Alcune brevi registrazioni sono online (per chi ha dubbi sull’acquisto): fra gli altri, Arthur Conan Doyle, Virginia Woolf (Words do not live in dictionaries, they live in the mind), Steinbeck e Arthur Miller. Attenzione, alcune voci potrebbero sorprendervi.

(Thanks for the link, Laila.)

Postato da: IM

Edible idioms

Sorseggiando una tazza fumante di Ruby ayra, leggevo il blog di Clotilde, in particolare il thread da poco lanciato dedicato agli idiomi francesi sul cibo.

Il cibo e la lingua sono aspetti fondamentali di una cultura, non a caso si intrecciano molto spesso. Anche quando due culture e due lingue sembrano molto vicine, l’uso diverso degli stessi alimenti, anche nel linguaggio, tradisce le differenze.

Alimenti simili hanno significati diversi, mentre significati simili sono rappresentati da alimenti diversi. Prendiamo ad esempio due frasi relativamente semplici da tradurre:

  • (to be) the apple of ones’ eye
  • to bring home the bacon

Hanno un corrispettivo diretto in italiano:

  • (essere) la pupilla dei propri occhi
  • guadagnarsi la pagnotta

Parlo di corrispettivo diretto, perché al di là del significato, gli idiomi hanno anche una connotazione simile (per esempio sono “datati”).

E’ abbastanza evidente, soprattutto nel secondo esempio, come un significato simile nelle due culture sia legato a cibi diversi. Lo stesso alimento, poi, ha riferimenti linguistici completamente diversi, sia nel numero sia nella frequenza. Nella lingua inglese, i riferimenti alla “mela” sono vari (anche a indicare l’importanza di uno dei pochi frutti “locali”).

  • easy as a(n apple) pie
  • in apple-pie order
  • to upset the apple cart
  • an apple a day keeps the doctor away
  • apple-sauce
  • as American as an apple pie

In italiano la povera mela, pur altrettanto fondamentale per la nostra salute, è rilegata al solo proverbio “una mela al giorno leva il medico di torno”.

Questo non perché non esistano altre espressioni che la contengano, ma perché queste stesse sono rilegate a un ambito quasi sconosciuto, mentre le frasi citate prima sono “banali” (nel senso di estremamente comuni).

Se dovessi tradurle non potrei che farlo con espressioni altrettanto quotidiane. Al contrario, le frasi italiane “dare le mele” o “prendere le mele” (nel senso di picchiare qualcuno o essere picchiati da qualcuno) hanno una frequenza d’uso bassissima. Quanti di voi le conoscono?

[Fine prima parte]

Postato da: MB

Camere

Da Michael Frayn a Elisabeth Jane Howard, passando per Graham Swift, Ian Rankin, Virginia Woolf, Will Self, Dame Antonia Fraser e altri, il Guardian ci propone periodicamente immagini delle stanze di vari scrittori.

Lo stesso fa il quotidiano olandese NRC, che da qualche mese ha iniziato a pubblicare le immagini delle stanze in cui lavorano scrittori olandesi e fiamminghi. Potete vedere, per esempio, il modesto Arthur Japin, con alle spalle il pianoforte, seduto delicatamente sul divano  in pelle e assorto nella revisione del suo ultimo capolavoro. O il segaligno Harry Mulisch, in una stanza in cui, diciamo la verità, potrebbe abitare una famiglia di quattro persone (e da qualche parte deve avere anche un busto di Goethe). La stanza che batte tutte le altre? Quella di Abdelkader Benali, che chiaramente ha capito l’essenza della vita: libri, computer, CD e un grande divano. In fondo a ogni pagina, c’è l’elenco degli scrittori, le cui stanze sono state discusse in passato. Per vedere l’immagine grande sullo schermo Bekijk de werkkamer full screen e po fatela ruotare con il mouse.

I libri di Benali sono stati pubblicati in italiano nelle magnifiche traduzioni di Claudia di Palemo, Mulisch è stato tradotto da Laura Pignatti e pubblicato da Rizzoli, mentre un libro di Japin è stato tradotto sempre da Laura Pignatti per i tipi della Guanda.

Postato da: IM

Intermezzo

10,000 Maniacs & David Byrne – Let the mystery be.

Click to enjoy.


Visitatori

  • 160.534 visitatori

a