Archivio per luglio 2008

Language as a Commons

Alcune riflessioni di Erin McKean sull’argomento. Ascoltate.

Postato da: IM

21.730 pagine in un anno

Dopo Depraved English e Insulting English, Ammon Shea pubblica ora il suo terzo libro, Reading the OED, a cui ha dedicato un anno. Un anno passato a leggere le 21.730 pagine che formano l’Oxford English Dictionary. Il risultato (un capitolo per ogni lettera dell’alfabeto) è simpatico e scanzonato, e propone parole poco usate (a volte anche poco utili) che sono sepolte nelle pagine di uno dei dizionari più interessanti del mondo.

Qualche esempio?

  • to constult to act stupidly together (pag. 33)
  • letabund filled with joy (pag. 109)
  • to disghibellineto distinguish, as a Guelph from a Ghibelline (pag. 113)
  • obdormitionthe falling asleep of a limb (pag. 132)
  • obganiate to annoy by repeating over and over and over and over (pag. 132)
  • panurgic ready for anything (pag. 143)
  • toe-cover a present that is both useless and inexpensive (pag. 183)

E’ vero, non si tratta di un libro di seria lessicografia, ma vi farà sicuramente passare qualche ora lieta sotto l’ombrellone.

Nelle parole dello stesso autore, “If you are interested in vocabulary that is both spectacularly useful and beautifully useless, read on, and enjoy the effort of a man who is in love with words. I have read the OED so that you don’t  have to.” (pag. XIV)

Sul blog della Oxford University Press trovate qualche pagina del libro.

Postato da: IM

In breve


Postato da: IM

La doppia zeta della localiZZazione

Leggiamo su Repubblica:

Le ultime vittime della delocalizzazione sono i poliziotti italiani. Per risparmiare sulle divise è stato ordinato un enorme stock in Polonia. Ma, all’atto della consegna, c’è stata una sgradita sorpresa: c’è scritto “Polizzia”, con una “z” di troppo. Risultato? Tutte le divise sono da buttare. Insomma, il risparmio c’è stato solo sulla grammatica.

Considerazioni più serie le fa il Barbaro.

Postato da: IM

Link per qualche giorno

Fa caldo e il lavoro è tanto.

Ecco quindi alcuni link d’intrattenimento:

Postato da: IM

In estinzione

Andrew Dalby, che conoscevo già come scrittore culinario e autore di un libro su Omero, pubblica ora un libro sui pericoli che incombono sulle lingue naturali, dal titolo Language in Danger.

Il Guardian ne riporta un breve riepilogo.

Postato da: IM

Multitasking

Non so chi sia programmatore che ha “inventato” il multitasking, posso però affermare con sicurezza che le donne della mia famiglia (ossia tutta la mia famiglia, a netta prevalenza femminile) sono nate con i circuiti già programmati.

A casa mia semplicemente non esiste (nel senso che non è neanche pensabile) svolgere un solo compito alla volta. L’unica eccezione, da ragazzi, studiare. In questo caso si pretendeva il “solo” tasking … (ordine naturalmente ignorato perché in fondo con certi circuiti ci nasci…)

Dicevo, da me le donne sono nate con quelle capacità <aehm> innate. Naturalmente, come ormai tutti i processori le donne nati nate prima di una certa data X (che qui non intendo dichiarare), il multitasking allunga un po’ i tempi di esecuzione.
Per questo tipo di circuito è semplicemente impensabile spostarsi da una camera all’altra senza portarsi dietro qualcosa. Ti alzi per andare in cucina? Non vorrai mica andarci a mani vuote vero? To’ rimetti a posto questo. In camera da letto? To’ ci sono le mutande da conservare (mi perdoni Isa per l’argomento per lei leggermente irritante…)

In effetti ho sempre il sospetto che a casa mia si facesse confusione fra antico e moderno, fra maniere e ordine. Sarà la generazione di processori a essere bacata?

Descrizione del bug:
confusione nel comando

"launch non_arrivare_mai_a_mani_vuote.exe"
"launch casa_specchio_anima.exe"

La pericolosità del bug è peggiorata con il passare del tempo e l’invecchiamento del parco macchine. Adesso coinvolge anche il comando leggere.exe con la conseguenza che mi ritrovo contemporaneamente a:

  • leggere insieme:
  1. Prioritizing web usability
  2. The fundamentals of typography
  3. Tea. The drink that changed the world
  4. Trick or treatment?
  • lucidare la copertina (lucida) dei fundamentals per eliminare le ditate lasciate mentre leggevo mangiando
  • spostarli da una parte all’altra della casa
  • e tutto questo con una tazza di te in mano naturalmente (Assam Manghalam)

Soluzioni, anyone?

Postato da: MB

Localizzazione

Nella sezione culturale dell’ultimo numero di Internazionale in edicola da ieri/oggi, leggo che le case editrici statunitensi tendono a dimenticare che lo spagnolo è la seconda lingua degli USA e che viene parlata da oltre 45 milioni di persone. Dal 2000 al 2006 sono stati tradotti in inglese solo dodici autori spagnoli. Persino un libro come I detective selvaggi di Roberto Bolaño è stato tradotto solo dieci anni dopo la sua pubblicazione nel mondo ispanico.

Ancora più grave la situazione nel settore dei libri per bambini, con un’unica eccezione: Manolito Quattocchi (Manuelito Gafotas), un personaggio nato dalla fantasia di Elvira Lindo. Le avventure di Manuelito stanno per essere pubblicate negli USA, con la dovuta localizzazione:

La traduzione del libro, però, si è scontrata con un problema che non si era presentato in altre lingue: “Nei paesi anglosassoni”, spiega l’autrice, “i libri per l’infanzia sono sottoposti a una revisione per assicurarne la correttezza politica”. Fa due esempi: negli Stati Uniti non si può dare una “sberla” a Manolito come quelli che la madre gli dà nell’originale. “Sarebbe uno scandalo”, spiega l’autrice, che ammette anche che forse adesso non potrebbe farlo neanche in Spagna. Neanche il personaggio chiamato Jihad “è politicamente corretto dopo l’11 settembre”, per cui il nome è stato cambiato. Invece di affidare il libro a un traduttore professionista, l’autrice l’ha dato a Joanne Moriarty, mediatrice per i pazienti di lingua spagnola in un ospedale di New York. Le sue origini umili la rendevano linguisticamente più vicina al protagonista.

L’articolo non è disponibile online, ma chi è interessato può chiedere gentilmente alla sottoscritta.

Postato da: IM

Scrittura e traduzione, o anche di gatti e rettili

Un traduttore è fondamentalmente un rettile. Potremmo anche amare assurdamente i gatti (e forse persino i cani…) ma in fondo siamo animali a sangue freddo.

No, non avete sempre freddo perché non vi hanno ancora pagato e vi hanno tagliato il gas. Avete freddo perché in realtà siete un camaleonte (con, quando necessario, mitiche capacità salamandriche…).

Guardatevi allo specchio e riflettete:

  • vi guardano in modo strano perché assumete l’accento e l’intonazione degli abitanti del luogo in cui vi trovate?
  • non riuscite più a capire quale sia il vostro stile di scrittura? (Ma avete ancora un vostro stile?)

Bene, avete risposto si ai quesiti, non è vero? Allora avete le scaglie e probabilmente siete un traduttore.

Facili ironie a parte, uno dei punti più difficili del mestiere del tradurre è non portarsi dietro le proprie idiosincrasie linguistiche.

Io poi lo trovo particolarmente difficile, lavorando anche come web editor/comunicatore per la PA. Ho passato ore/giorni/mesi a semplificare il linguaggio, a insegnare cos’è la semplificazione del linguaggio, a correggere o riscrivere che a volte devo ricordarmi che i due lavori sono diversi.

Devo dire, a questo proposito, che nonostante siano ormai decenni che si parla di semplificazione del linguaggio / plain language, la sfida all’antilingua è lontana dall’essere vinta.

Ho lavorato con persone che scrivono:

Siamo pregiatamente a chiederle….

e ho ricevuto altrettante lettere con queste belle formulette di incipit. (E’ qui che a Brunetta piaccia o meno non c’è differenza fra pubblico e privato.)[ Brrr…. sentite la necessità di mettervi al sole.. vero?]

Ho sempre voglia di cestinare certe missive troppo burocratiche, come quelle troppo amicali…

Nei casi più estremi, spesso si tratta di capetti/caponi/capponi ti rimane solo di pregare San Paolo e gli chiedi una nuova illuminazione sulla via di Damasco casa.

La giustificazione peggiore che mi è capitata di ascoltare (o almeno è quella che odio maggiormente) è l’idiota “la forma è la sostanza”. Ora, chiariamoci: NON E’ COSI’. Non stiamo scrivendo un contratto, i tuoi testi non sono giuridici.

In questi casì, se San Paolo non opera “o’ miracolo” (e del resto non è San Gennaro), le scaglie si allungano e assottigliano, le orecchie si raddrizzano, la coda si affusola e i denti si allungano: comincio a ringhiare e soffiare e allora capisco, per un breve attimo, perché mi piacciono tanto i gatti…

Postato da: MB

Self-effacement

La nostra copydimare, o FDM, è modesta e schiva (e per questo ci piace tanto), il che significa che tocca a noi segnalare il suo racconto pubblicato su Sagarana e intitolato Disabled goggles.

Sono sempre stato un tipo duplice. Nato dall’assemblaggio meccanico di plastica e gomma, unisco rigidità a elasticità, trasparenza a opacità, superfici lisce e impermeabili a un abbraccio da ventosa.

Una custodia sigillata mi ha protetto durante il tragitto dalla fabbrica al negozio, dove un commesso dalle mani frettolose mi ha appeso tra altri miei simili in fila indiana sotto calde luci al neon, esponendoci agli sguardi di potenziali clienti. Le etichette appiccicate sulla mia confezione decantavano le mie proprietà anti appannamento e anti goccia, a patto che mi si trattasse con le dovute attenzioni. Concepito per proteggere gli occhi umani dall’impatto con l’acqua clorata, sognavo una carriera di tuffi e medaglie, in compagnia di una giovane promessa del nuoto.

Il resto del racconto è qui.

Postato da: IM


Visitatori

  • 160.531 visitatori

a