Archivio per marzo 2008

In casa

Neuro. Di Bruno Bozzetto.

Semantic Web

Qualcuno lo trova un concetto ormai banale, altri impossibile o inutile. Io lo trovo sempre affascinante.

Tim Berners-Lee parla del web semantico.

Libri aerei, libri in aereo

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Esistono innumerevoli opere letterarie sul tema del volo, reale e/o metaforico. Dal sempreverde Gabbiano Jonathan Livingston, da cui una “paradossale” compagnia teatrale ha tratto uno splendido spettacolo all’ormai datato Paura di volare, fino ai recenti manuali come Chiedilo al pilota, prodighi di informazioni e consigli che trovo più inutili che dilettevoli, nonostante appartenga all’alata schiera dei segni d’aria. L’esperienza del volo resta spaventosa e affascinante, e accompagnarla a quella della lettura forse può servire a lenire il terrore di non sentire più la terra sotto i piedi. Mi piacerebbe dunque sapere se, tra i lettori del Taccuino, ce n’è qualcuno che pur avendo sviluppato l’aerofobia è riuscito a superarla, o a sopportarla, leggendo. Quali sono i romanzi, racconti, saggi che vi hanno fatto volare? Meglio ancora, in compagnia di quali romanzi, racconti, saggi avete trascorso quelle maledette ore in sospeso tra un aeroporto e l’altro? Raccontatelo, se vi va, a una copy irriducibilmente di mare.

Postato da: FDM

Consumer imperishables

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Nowadays, books hit the market at the rate of over 2000 titles a week. Unlike baked beans, loaves of bread or Fuji apples, books, once consumed, do not disappear. Despite political legend, they are extremely hard to burn. Books more properly deserve the label ‘consumer durables’ than refrigerators or cars. Most books look better after seventy years than their owners. Certainly after a hundred they do. ‘Consumer imperishables’ might be the more accurate term.

John Sutherland, How to Read a Novel. A User’s Guide, Profile Books, London, 2007, pag. 59.

Postato da: IM 

Discorsi creativi

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Per chi ha la parlantina facile adesso c’è Pecha Kucha (giapponese per bla bla bla), un’occasione per gli affabulatori che vogliono parlare degli argomenti più disparati davanti a un pubblico che vuole essere sorpreso.

Per ogni discorso c’è un limite di tempo, che equivale alla proiezione di 20 immagini. Ogni immagine viene proiettata per 20 secondi. Finita la proiezione dell’ultima immagine, si deve lasciare il posto agli altri.

Gli incontri vengono organizzati in più di 100 città. Scegliete la vostra.

(via Onze Taal)

Postato da: IM

Vergogna

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Chris Durban è un’espertissima traduttrice, che scrive una rubrica dedicata a varie questioni linguistiche intitolata The Onion Skin, sempre presente nel bollettino ATA (titolo ufficiale: ATA Chronicle).

Nell suo ultimo articolo Winging it in Milan (febbraio 2008) ci parla di un testo pubblicato nel Financial Times del 30 novembre scorso per promuovere l’aeroporto di Malpensa. Lo scopo era convincere i viaggiatori della puntualità, efficienza e professionalità dell’aeroporto milanese. Il testo di circa 100 parole iniziava con A growth without comparison (già dal titolo il povero lettore sa che cosa aspettarsi: growth in inglese chiede l’articolo solo quando ci si riferisce a una condizione medica) e continuava con diverse altre perle linguistiche (per es., 9,3% increase of passengers; Malpensa, the only airport wanted by the EU for the Trans European Network, ecc…).

In nome dell’imparzialità The Onion Skin ha contattato la direzione dell’aeroporto. La risposta è stata che il testo era stato ” fornito” da uno specialista esterno, Luca Ciserani. Contattato dalla direzione della Malpensa, Ciserani si è difeso dicendo che il testo inglese era stato tradotto da un traduttore professionista di lingua madre (American English, per la precisione), che lavora in Italia da circa sei anni. Secondo Ciserani, The Onion Skin stava solamente cercando di rubare un cliente.

Ancora una volta in nome dell’imparzialità, The Onion Skin ha cercato di intervistare direttamente il signor Ciserani, che fino ad oggi non ha reagito.

Che altro dire? Per lo spazio pubblicitario nel Financial Times Malpensa ha sborsato 160.000 euro.

Postato da: IM

Il caso Rowling vs Vander Ark: si può parlare di fair use?

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Intervista a Elvira Berlingieri, giurista esperta in diritto delle nuove tecnologie, sul caso Rowling vs Vander Ark.

Abstract:

Otto anni fa, quando ha creato il sito Harry Potter Lexicon, Steve Vander Ark pensava sicuramente di fare cosa buona e giusta, nonché gradita a tutti gli altri fan di HP. Il sito è diventato infatti una vera e propria enciclopedia online, dedicata alla saga uscita dalla penna di J.K. Rowling: informazioni sui personaggi dei sette volumi, articoli, forum, un bestiario, le biografie degli attori dei film, una versione francese e una spagnola.

Sulla base del fair use, principio presente nel diritto anglosassone, il sito Harry Potter Lexicon ha ottenuto la benedizione della stessa Rowling, della casa editrice statunitense e della Warner Brothers. Con la pubblicità online Vander Ark e colleghi hanno guadagnato 6.000 dollari in sette anni. Non molto, quindi.

 

L’anno scorso però il vento è girato. Dopo aver firmato un contratto con RDR, una piccola casa editrice, Vander Ark viene citato dalla Rowling e dalla Warner Brothers per violazione dei diritti d’autore. La Rowling avrebbe intenzione di pubblicare a sua volta una summa di HP, i cui proventi verrebbero elargiti in beneficenza. La pubblicazione di Vander Ark potrebbe impedire alla scrittrice inglese di fare del bene?

 

In realtà, sembra ci sia un tocco di Voldemort in J.K. Rowling: un articolo nel Guardian ci informa che in passato l’autrice ha imposto il ritiro dal mercato o il rifacimento di articoli promozionali ispirati ad HP (nonostante l’intenzione fosse quella di regalare gli articoli, e non di venderli). Avrebbe addirittura fatto causa agli organizzatori di una manifestazione a Calcutta, perché avevano costruito una replica di Hogwarts per un carro da sfilata.

 

 

Taccuino: Elvira, esiste anche in Italia il principio del fair use? Cosa succederebbe da noi se un fan club italiano decidesse di pubblicare tutto quello che sa su HP?

 

Elvira: Più che fair use in Italia esistono delle eccezioni al diritto d’autore appositamente previste dalla legge 633/41. La fan fiction, in realtà, non è specificamente prevista nel nostro ordinamento anche se, almeno in linea di principio, non è vietata. La legge sul diritto d’autore, infatti, protegge la forma espressiva di un’opera, non le idee o i principi che sono dietro quell’opera. Per questo motivo gruppi di fan che parlano e condividono ciò che sanno su un personaggio non violano diritti d’autore, a meno che per farlo non riproducano ampie e abbondanti parti dell’opera originale.

 

 

 

Taccuino: Potresti riassumerci quali sono i diritti del traduttore in Italia? I traduttori italiani potrebbero, per esempio, pubblicare un vocabolario o un saggio sul linguaggio di Harry Potter?

 

Elvira: Il traduttore ha, sulla traduzione, i diritti morali e i diritti di sfruttamento economico che spettano all’autore. Tali diritti sono subordinati all’ottenimento del permesso di tradurre da parte dell’autore dell’opera tradotta. Detto questo, la qualifica di traduttore di un’opera non dà diritti sull’opera originale ma solo sulla traduzione, ergo, per quanto detto nella risposta precedente, tale saggio ipotetico potrebbe essere scritto da chiunque.

 

 

 

Taccuino: L’articolo del Guardian presenta un punto particolarmente interessante per un giurista. I legali di Vander Ark si chiedono come possa esistere una differenza fra il mondo digitale e il mondo cartaceo. La Rowling e la Warner Bros infatti hanno approvato, lodato e usato il sito (anche con il guadagno proveniente dagli ads), ma non ammettono lo stesso principio per la carta. Puoi spiegarci se esiste tale differenza e su cosa si basa?

 

Elvira: Credo che il problema evidenziato nell’articolo sia che il sito di Vander Ark era una iniziativa assolutamente gratuita, non commerciale, dalla quale è poi sorta l’intenzione di fare un libro e venderlo. In verità, la pubblicazione digitale non è che una delle tante possibili forme di comunicazione al pubblico di un’opera, ergo pubblicazioni su carta e in digitale vanno (con)trattate come due forme di sfruttamento economico separate. Detto questo, la differenza di trattamento tra le due forme di pubblicazione nella posizione dei legali della Rowling è certamente imputabile al guadagno economico derivante dalla pubblicazione cartacea (dato che quella digitale era ad accesso gratuito), non altro.

 

 

 

Taccuino: Sempre basandosi sulla legislazione statunitense gli avvocati della Rowling affermano che il libro non è un saggio, perché la semplice sistematizzazione dei fatti non ha valore creativo. Potresti spiegare questo punto?

 

Elvira: E’ solo un punto di vista sostenuto dai legali della Rowling che andrà dimostrato in tribunale. Bisognerebbe leggere per intero gli atti per dare una risposta esauriente. Con ogni probabilità quello che tentano di dimostrare è che il saggio è un mero copia/incolla dei suoi libri e non vi è, pertanto, elaborazione creativa. Ma senza avere letto gli atti, ripeto, la mia è solo una ipotesi.

 

Postato da: MB & IM

Hugo Claus (1929-2008)

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La notizia della morte dello scrittore belga (di lingua fiamminga) Hugo Claus sembra essere arrivata anche in Italia. Lo annunciano, fra gli altri, Kataweb News, La Voce e La Stampa:

Con una scrittura acida e al contempo delicata Claus si è impegnato a denudare conformismo e convenzioni. La sua personalità veemente trovava l’apice nel rapporto con la religione, erede com’era di una fanciullezza passata in un istituto di preti. Non esitò mai a sfidare il Verbo e a pagarne il prezzo, come accadde nel 1969, quando la Corte d’appello di Gent lo condannò a quattro mesi di reclusione per aver messo in scena una Trinità senza veli. Usava un linguaggio corrosivo e, per questo, si spese in più occasioni a dire che la pittura fosse in fondo meglio della narrativa, terreno più libero «perché dominato dalla ragione».

Purtroppo tutti sottolineano soprattutto il fatto che Claus ha chiesto l’eutanasia. Non ne sono sicura, ma credo che Claus vorrebbe essere ricordato per qualcos’altro (e no, non sto parlando del matrimonio con Sylvia Kristel).

Per chi legge l’olandese, il Volkskrant ha una pagina in cui diversi intellettuali parlano dello scrittore belga e del suo contributo alla cultura neerlandese.

Il suo libro più famoso, La sofferenza del Belgio, in cui Claus parla dell’occupazione del paese e del collaborazionismo durante la Seconda Guerra Mondiale, è stato pubblicato in Italia da Feltrinelli, nella traduzione di Giancarlo Errico. Vivamente consigliato.

Photo credits: Patrick de Spieghelaere / Trouw

Postato da: IM

Recensione: Karine Tuil, Quando ero divertente, Voland, 2008.

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Dopo essersi sentito rifiutato per anni dalla propria famiglia e con un matrimonio fallito alle spalle (da cui è nata una figlia, sedicenne al momento della narrazione), Jérémy Sandre è arrivato all’apice della carriera. La comicità con cui è riuscito a farsi accettare dal mondo (e soprattutto dalle donne) si è rivelata la sua fortuna.

Decide quindi di tentare la sorte negli USA e realizzare il suo sogno americano. Come, del resto, hanno fatto molti altri prima di lui: “Un attore di serie B era riuscito a diventar presidente degli Stati Uniti e a portare a termine due mandati. Un uomo d’affari miliardario aveva ottenuto l’ambitissima carica di sindaco di New York, un vecchio culturista austriaco, riciclato nel cinema d’azione hollywoodiano, ostentava senza complessi muscoli oliati e ambizioni politiche […].”

Ma qualche giorno dopo il suo arrivo a New York, sorge un conflitto politico fra gli USA e la Francia, che pone un veto all’intervento americano in Iraq. Vittima della francofobia e dell’isteria americana, Sandre (diventato ora Jerry Sanders) affonda immediatamente nell’insuccesso più profondo. Si ritrova a fare i lavori più umili e a vivere in una camera squallida, insieme alla compagna Natalia e al cane Durak.

Il sogno americano si trasforma in un incubo: in quel paese che promette giustizia, libertà e successo, gli immigrati vengono calpestati, umiliati e offesi. E questi, a loro volta, maledicono l’America: “Ah! L”ingratitudine dei nuovi immigrati! Godono della libertà d’espressione di cui erano stati privati e criticano i paesi in cui trovano asilo. Mordono a sangue il seno che li ha nutriti.”

Dopo varie peripezie Sanders decide di tornare in Francia, dove però diventa nuovamente una vittima, questa volta dell’americanofobia francese. Per risalire la china, va a lavorare nella ditta di derattizzazione del fratello (e ne seduce la moglie) e scrive testi comici per Alain, ex collega di teatro.

Quando Alain tenta di sedurre la figlia sedicenne di Sandre, quest’ultimo, in un momento di rabbia, lo uccide … colpendolo alla testa con uno dei premi teatrali che avevano vinto insieme anni prima.

In carcere in attesa di processo (non vi diciamo come va a finire), ha inizio la redenzione di Jérémy Sandre, proprio nello stesso giorno in cui George W. Bush diventa presidente degli Stati Uniti.

L’autrice Karine Tuil ha già pubblicato altri libri, fra cui Interdit (nominato per il premio Goncourt e pubblicato in Italia da Voland con il titolo Vietato) e Du sexe féminin (Di sesso femminile, un’altra ottima scelta di Voland). Ha uno stile veloce, preciso e ricco di dettagli insospettabili, che richiede dal lettore la massima attenzione. Riesce a fondere alla perfezione cinismo, ironia e dramma, tanto da ricordare una giovane Fay Weldon, senza però il tono femminista.

Per me personalmente, Quando ero divertente e la sua autrice sono stati una piacevolissima scoperta. Ingegnoso come un personaggio della Nothomb, divertente come Woody Allen, assurdo come una figura kafkiana, il protagonista di questo libro mi ha ricordato anche Hans Schnier, protagonista di Opinioni di un clown (Heinrich Boll). E come Schnier, con lo stratagemma del riso Sandre mette il dito sulle contraddizioni del nostro tempo.

In un paesaggio letterario in cui la maggior parte dei libri arriva dai paesi di lingua inglese e sa troppo di creative wiring (scusate, writing), quest’autrice francese è riuscita a coinvolgermi nella storia, raccontandola con maestria, spirito critico e tanta passione.

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Un visionario

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Il Guardian ha un breve e bel necrologio di Arthur C. Clarke.

His forecasts often earned him derision from peers and social commentators.

But although his dreams of intergalactic space travel and colonisation of nearby planets were never realised in his lifetime, Clarke’s predictions of a host of technological breakthroughs were uncannily accurate.

He was one of the first people to suggest the use of satellites for communications, and in the 1940s forecast that man would reach the moon by the year 2000 – an idea that experts at first dismissed as nonsense.

Clarke era noto al grande pubblico per il libro (e il film) 2001: Odissea nello spazio. (E se qualcuno mi spiegasse il finale, gliene sarei grata.)

Poco tempo fa, in occasione del suo 90° compleanno, Clarke aveva mandato un ultimo messaggio al mondo.

The only way to discover the limits of the possible is to go beyond them into the impossible.

Postato da: IM


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