Archivio per dicembre 2008

L’italiano vero.

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Concludiamo il 2009 con una notizia riguardante le Poste italiane e il loro amministratore delegato.

Sette anni di scuola di inglese. Decine di migliaia di euro investiti per sprovincializzare Poste italiane e rendere internazionale l’azienda. Insomma, per anni i 150 mila dipendenti sono tornati a scuola a prendere confidenza con la lingua inglese. E 55.000 di loro sono addetti al front office. Pardon, allo sportello. Già, perché adesso è arrivato il contrordine: vietato parlare inglese, usate l’italiano! Al bando termini come «update». Alle Poste ci si accontenta di un più semplice aggiornamento. Matita rossa, in omaggio ad una nostalgica italianità per termini diventati comuni come feedback. Insomma, il briefing diventerà più semplicemente riunione, il coffee-break, la tanto amata pausa caffè.

Il resto dell’articolo è sul sito del Corriere.

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Straviziata sotto l’albero

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Ci ho trovato quasi tutti i libri di Joan Didion (mia ultima passione). Mi manca solo After Henry. Sembra irreperibile. Se qualcuno volesse liberarsi della propria copia…

PS. Nel frattempo, un Babbo Natale romano pare abbia posto rimedio alla carenza. Grazie. 🙂

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Verso Betlemme

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Invece di canzoni, cartoline d’auguri o lettere, per concludere quest’anno ecco un racconto di viaggio di Aleem Maqbool, giornalista della BBC, che ripercorre la strada da Nazareth a Betlemme.

Why are you standing there with a donkey?” said an old Palestinian man.

“This is a nice modern city, and you’re standing there with a donkey! What are you trying to say? What’s wrong with you?”

Clearly, not everyone was as happy as I was to meet my new travelling companion in the centre of the city of Jenin.

The old man thought I was trying to show Jenin as a backward place. He refused to accept the nativity explanation, and went on his way muttering about how deceptive the foreign media is.

Per chi preferisce le immagini, c’è anche il video: parte 1, 2 e 3.

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Previsioni

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Alcune previsioni per il futuro della lingua italian le fa il professor Nigro della Normale di Pisa e direttore editoriale della Sellerio.

Via libera, quindi, all’abbandono del congiuntivo: «Le nuove generazioni non lo usano quasi più: se la gente preferisce l’indicativo, tanto vale rassegnarsi». Lo stesso ragionamento vale per i condizionali. «Stanno scomparendo, come del resto, in generale, tutte le subordinate: oggi infatti si preferisce usare la paratassi, cioè le frasi coordinate dello stesso livello». Più restio a dire addio alle subordinate Giulio Ferroni («Sono complicate perché esprimono la complessità del pensiero») che tuttavia apre agli anglismi: parole inglesi vere e proprie come «convention» o termini italianizzati quali «approccio», ormai entrati nell’uso comune. «L’importante è non abusarne». Ferroni elenca anche altre trasformazioni, discutibili, a suo parere, ma apparentemente inarrestabili: la scomparsa del passato remoto – sempre più spesso sostituito dal passato prossimo – e l’utilizzo del pronome «gli» anche al plurale, al posto di «loro».

Il resto dell’articolo, pubblicato su Il Giornale, è qui.

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Lessicograficamente parlando (continuazione)

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Parlando della parola neerlandese dell’anno, Jan Kuitenbrouwer, giornalista olandese di buona reputazione,  prende una posizione che piace sicuramente a qualcuno, ma che irrita i più.

I fatti: la parola dell’anno nella regione neerlandese è swaffelen, che ha ricevuto la stragrande maggioranza dei voti. Che cosa significa swaffelen? Significa, in parole povere ma educande, sfregare i propri genitali contro qualcosa o qualcuno. Di solito è un verbo per i signori. La parola è diventata famosa grazie al video di un diciottenne imbecille che si è fatto riprendere a sfregarsi contro il muro del Taj Mahal, durante una gita scolastica per ricchi rampolli. Se proprio volete vedere il video, vi basta cercare su Google “swaffelen video”. E’ il primo hit (vi meraviglia?). Ma attenzione: è esplicito.

Passiamo all’irritazione di Kuitenbrouwer: il sondaggio della parola neerlandese dell’anno viene gestito e organizzato dalla redazione del Van Dale, che, sotto la guida di un certo Den Boon, ha deciso di rendere il vocabolario e la lessicografia hip e trendy. Fin qui nulla di male. L’asino casca, secondo Kuitenbrouwer, nel momento in cui si mettono da parte le parole importanti, con un certo peso e significato, e si dà la preferenza al linguaggio degli yuppies, legato a eventi insignificanti, ma che tanto piace alla gente. Niente kredietcrisis (crisi creditizia), quindi, ma harrypotterbril (occhiale alla Harry Potter) e, soprattutto, swaffelen.

Lexicografie is niet alle woorden die je tegenkomt in een boek zetten, het is ook onderzoeken wat zo’n woord betekent, of het iets toevoegt, waar het voor staat, of het van voldoende gewicht is om te worden opgenomen in de nationale woordenschat. Inderdaad, al die arbitraire en elitaire afwegingen die tegenwoordig zo suspect zijn. Bij Van Dale blijkbaar ook, want elke geinige nieuwvorming die ze tegenkomen […] komt op de lijst en de ‘saaie’, zoals kredietcrisis vallen af.  [Lessicografia non significa raggruppare in un libro tutte le parole che si trovano, significa anche esaminare il significato di una parola, se aggiunge qualche cosa, che cosa rappresenta, se ha abbastanza peso da essere inclusa nel vocabolario nazionale. Ebbene sì, tutte quelle considerazioni arbitrarie ed elitarie che al giorno d’oggi sono sospette. E sospette lo sono anche per Van Dale, perché ogni nuovo neologismo spiritoso trovato dalla redazione […] viene messo nell’elenco mentre le parole ‘noiose”, come crisi creditizia, vengono eliminate.]

Secondo Kuitenbrouwer,

Ziedaar de wereld van wansmaak en populisme waartoe onze nationale lexicograaf zijn toevlucht heeft gezocht. Erg verheffend allemaal, om eens een woord van de vorige eeuw te gebruiken. Met taalcultuur heeft het intussen weinig meer te maken, maar daar gaat het Van Dale blijkbaar ook niet om. Publiciteit, een hip imago, ‘de jeugd bereiken’, daar gaat het om. Al moeten we de taal ervoor opofferen, Van Dale zal blijven bestaan! [Ecco il mondo del cattivo gusto e del populismo in cui il lessicografo nazionale cerca rifugio. Tutto molto edificante, per usare una parola del secolo scorso. Non ha più molto a che fare con la cultura linguistica, ma chiaramente al Van Dale non interessa. Pubblicità, un’immagine hip, ‘raggiungere la gioventù’, queste sono le cose importanti. Il Van Dale continuerà a esistere a costo di sacrificare la lingua!]

Nel mio modesto piccolo, sono sempre dell’opinione che language is the people’s!, che, per quanto irritante, si debba accettare anche pò invece di po’, che prima o poi il congiuntivivo scomparirà. Credo che un dizionario debba descrivere e non prescrivere. Sono dell’opinione che la lingua rifletta lo spirito dei tempi, in questo caso tempi di cattivo gusto, superficialità, cattiva educazione e, nel caso di swaffelen, mentalità da maniaci sessuali. Ovviamente non siamo più nel paese di Rembrandt, Vermeer, Spinoza, Huizinga o, più recentemente, Hermans. Questo è il paese di Kluun e Patty Brard (sì, quella che faceva la valletta del Pippo Baudo).

Eppure mi meraviglio che lo Zanichelli 2009 includa tronista fra i neologismi. Vorrei che mio nipote non scrivesse ke. E mi trovo a dar ragione a Kuitenbrouwer. E concludo questo post con un gigantesco punto interrogativo.

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Lessicograficamente parlando

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In The Nation, Caleb Crain parla di slang e dizionari:

There’s more slang in the world than dictionaries can capture, and there’s no reason for them to repeat one another’s labor. Absent from both the Oxford and the Routledge, for example, are “lede,” “hook” in its journalistic sense (unless you count the seventeenth meaning given by Routledge: “in a confidence swindle, the stage in the swindle when the victim is fully committed to the scheme”), “nut graf,” “disco rice,” “cougar” and “kittenhead.” (I ought to confess, though, that the Oxford taught me “zhoosh,” and the Routledge “thirty-three” and “long-winded.”) It is easy and uncharitable to prolong such a list, but I’m unable to resist adding that neither dictionary mentions “beemo,” the mildly pejorative word for a zealous student that haunted my 1970s childhood in central Massachusetts; “gaybait,” a generalized taunt from the same milieu, whose literal meaning occurred to none of us there, I’m fairly sure; “demap,” a synonym for kill coined by David Foster Wallace in Infinite Jest; “muzzleloader,” gay slang for someone who shares what is said to have been Alfred Kinsey’s chief sexual perversion and which means what you think it means; “sketchy,” an adjective that I overheard on the subway just last night in reference to a potentially dangerous situation; or “money quote,” a piece of blogger’s cant patterned after a term of art in the porn industry and used to introduce a crucial excerpt–the nut graf as seen from the other side of the table. Both dictionaries dip into Internet slang–the Routledge knows what it means for a McCain adviser to complain that Sarah Palin didn’t have the “bandwidth” to prepare for her media interviews, and the Oxford is down with “warez” as a synonym for pirated software or media–but neither mentions the new Internet-accelerated interjections “meh” (“I am unimpressed”) or “teh” (“I am emphasizing and ironizing simultaneously by deliberately mistyping the word ‘the,'” often used in conjunction with the spurious plural “Internets,” which was pioneered by George W. Bush during the 2004 presidential debates).

Il resto dell’articolo è qui.

Nel Sole24ore, Vito Lops ci propone un minuscolo elenco anti-crisi, con, per esempio, stagflazione:

Stagflazione. Deriva dalla combinazione dei termini stagnazione e inflazione. È, pertanto, quella situazione in cui sono contemporaneamente presenti sia un aumento generale dei prezzi (inflazione) che una mancanza di crescita dell’economia in termini reali (stagnazione economica).

Su Politicamentecorretto.com, Maurizio De Rosa presenta un altro dizionario di mostruoso interesse, quello dei prestiti e dei parallelismi. Gli autori sono Massimo Peri e Amalia Kolonia.

Il dizionario di Kolonia e di Peri intende appunto fornire allo studioso, allo studente, al curioso o al semplice appassionato un elenco alfabetico di queste parole, circa dodicimila, che rimbalzano nei secoli da una sponda all’altra dell’Adriatico, accompagnate con una serie di note etimologiche, storiche e grammaticali che ne lumeggiano la profondità e ne agevolano l’apprendimento. Si tratta di uno strumento inedito, agile, divertente da leggere e utile da approfondire, che anche il lettore di media cultura, o memore del greco classico studiato al liceo, troverà di grande interesse. Il dizionario è altresì corredato da una serie di tabelle di trascrizione di pronuncia dell’alfabeto greco e, come fanno notare i curatori, si offre come un banchetto improntato alla logica greca dell’ola mazì, cioè delle vivande servite “tutte insieme” da cui ciascuno può liberamente spizzicare a suo piacimento, alla scoperta del “greco che si sa già”.

La recensione completa è qui.

Del Zanichelli 2009 parla Gian Luigi Beccaria:

Termini come tom tom, you tube, second life, smartphone, webmail, adsl fanno ufficialmente parte della lingua italiana e, ormai consolidati nell’uso comune, entrano di diritto nell’edizione 2009 del vocabolario della Zanichelli.
Insieme a tanti anglismi meno tecnologici come bodyguard, phone center, babyparking, gate. E si ritagliano il loro spazio nella società ecopass e photored (tanto odiati dagli automobilisti italiani).

La breve recensione è qui.

Grazioso e realistico, invece,  l’articolo di Liz Potter, A day in the life of a 21st century lexicographer

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Tutti all’inferno

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Il professor Parascandolo (si chiamava veramente così il mio professore d’italiano alle superiori) la definiva una summa enciclopedica del sapere medievale (anche se penso che la definizione fosse originariamente del Sapegno), uscita dalla penna di quel fallito o servo di partito (Venditti) di Dante Alighieri. La Divina Commedia, appunto.  Ora Electronic Arts  sceglie parole come lust, greed, anger, heresy, treachery, fraud per convincerci a giocare all’Inferno in versione videogame, con Dante come spunky avatar. Il videogame sarà in vendita dal 2009.

Si noti l’avvertenza all’inizio del trailer: May contain content inappropriate for children.  Se solo l’avessero detto prima…

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L’utopia del Natale e della felicità

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Foto: © Emilio Brizzi

Il Corriere mi sorprende questa mattina con la pubblicazione di un testo di George Orwell dedicato al Natale nella letteratura (nell’ottima traduzione di Maria Sepa). Il titolo: Può un socialista essere felice?

L’incipit:

Il Natale ci fa pensare quasi automaticamente a Charles Dickens, e per due buone ragioni. La prima è che Dickens è uno dei pochi scrittori inglesi ad aver scritto sul Natale, che è la festa più amata dagli inglesi, ma ha ispirato poche opere letterarie. Ci sono i canti, i Christmas Carols, quasi tutti di origini medievali; c’è una manciata di poesie di Robert Bridges, T.S. Eliot e qualche altro, c’è Dickens; e poco di più. La seconda ragione è che tra gli scrittori moderni Dickens è uno dei pochi, quasi l’unico, a offrire un’immagine convincente della felicità.

Per leggere il resto, cliccate qui.

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Il meglio del 2008

libri

Three Percent ha pubblicato qualche giorno fa le nomination per The Best Translated Book of 2008. Il vincitore verrà annunciato alla fine di gennaio ’09. Il criterio di scelta:

In terms of criteria, we only considered original titles published (or released) in the U.S. in 2008. No retranslations, no reprints, no paperbacks of previously published hardcovers were eligible. And what we’re looking for is the best translated book, not just the best translation. Speaking for all the judges, we believe that a great translated book is a combination of a great original and a great translation, and as such, we’d like to honor the book as a book, as a collaborative effort between author, translator, editor, and publisher.

Fra i titoli c’è L’eleganza del riccio (in inglese The elegance of the hedgehog) della Barbery, una scelta che avrei potuto capire se il criterio fosse stato quello della qualità della traduzione. Ma in termini di storia e originalità, L’eleganza del riccio è pretenzioso, pseudo-filosofico e noioso. Quindi di successo.

D’altro canto, mi fa piacere vedere che la scelta per la traduzione dall’olandese è caduta su The Darkroom of Damocles di W.H. Hermans, uno di quegli scrittori che sono diventati profeti in patria solo dopo la morte.

Come probabilmente ho già scritto più volte, la casa editrice Iperborea (che nel proprio catalogo tende a combinare Belgio e Olanda, il che equivale a fare di tutt’erba un fascio) pubblica regolarmente titoli interessanti della letteratura olandese. Vale la pena andare a visitarne  il sito, se per una volta volete allontanarvi dagli elenchi letterari convenzionali.

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Sign of the times

zeitgeist

Google Zeitgeist ci informa delle parole più cercate nel corso del 2008.

Le Olimpiadi, Saviano, la Fiat 500. E ovviamente Obama. Sarà che anche Google ormai elimina tutte le parole che riguardano il sesso dai risultati delle sue ricerche, certo è che a guardare Google Zeitgeist, l’Italia è un paese che ama l’intrattenimento ma si preoccupa di cose molto serie, come il modo di risparmiare un po’ di soldi sul bilancio mensile.

Qui l’articolo del Corriere e qui i risultati di Google Zeitgeist per paese.

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